giugno 22, 2007


I BEI SOGNI DEL DOTTOR BENJAMIN RUSH

Tutta una banda di balenghi disgraziati

nel cortile coi ferri vecchi gli veniva verso,

tutta una baraonda di urloni e bavoni vicino al lago d’acqua sporca gli andava contro.


Perché il Dottor Benjamin Rush come ogni mattina al manicomio faceva una visitina.

Gli capitò per primo un bevone trabalzone,

e che il vinismo era una malanno, sentenziò il misurato dottore.

Quel trincone ciucallone fu spedito lesto a arar la terra,

da mattina a sera l’attrezzo al collo a tritar la gleba,

così imparava la drittura, quel bove d’un vinazzone.

E in quella maniera l’indovinoso Dottore inventava l’orticoltura.


Venne il turno di un maniaco che si pensava leone.

La masturbazione, commentava il tranquillo Dottore.

Troppo sangue al cervello, e quel cialtrone era diventato minchione.

Allora, trionfale comandava allo speziale che le sanguisughe per i salassi corresse ad approntare.


Nel frattempo sotto il portico colmo di ragnatele una magrona tremava,

il dottore avanzava,

e la spilunga vacillava.

Il fantastico dottore ragionava,

quella secca si credeva di vetro, ecco la ragione per cui tremava.

Allora, cauterizzazione del midollo spinale, per quella suonata. Stabiliva il coscienzioso Dottore.


E via con l’immobilizzazione delle parti intime nel gesso

per un pazzoide che si leccava le caviglie.

Abluzione, cauterizzazione e ablazione del piede mancino

per il malinconico coi furori d’amore. E siccome non bastava, alla tortura dell’acqua si passava.


Le infermiere cicalavano negli zoccoletti,

mentre tre robusti valletti preparavano l’acquidoso, col beato Dottore che guardava curioso.


Quando tutto era predisposto i tre robusti valletti chiusero il misero nella cassa,

chiodarono il coperchio coi bulloni

e gettarono la cassa nell’acqua del limpido lago.

Quando il tempo era passato aprirono la cassa, il misero innamorato vomitava

l’intestino e l’intero apparato.

-Ora si lascerà la malattia alle spalle. Bisbigliò soddisfatto lo straordinario Dottore.


E poi dissanguare il bitocco per tre quarti del sangue.

Produrre vesciche per sbollir le teste calde.

E immobilizzare lo scatenato sulla sedia tranquillante.

Stabiliva il sobrio Dottore ogni mattina mentre faceva la sua visitina.


Il grandioso dottor Benjamin Rush

Firmatario della Dichiarazione di Indipendenza americana,

Inventore dell’orticultura

Autore del primo manuale di psichiatria

Padre della psichiatria americana,

il grandioso Dottor Benjamin Rush,

lui morì tranquillo mentre faceva bei sogni.

giugno 14, 2007

cretini

Ci sono cretini che hanno visto la Madonna e ci sono cretini che non hanno visto la Madonna.
Io sono un cretino che la Madonna non l’ha vista mai.
Tutto consiste in questo, vedere la Madonna o non vederla.
San Giuseppe da Copertino, guardiano di porci, si faceva le ali frequentando la propria maldestrezza e le notti, in preghiera, si guadagnava gli altari della Vergine, a bocca aperta, volando.
I cretini che vedono la Madonna hanno ali improvvise, sanno anche volare e riposare a terra come una piuma. I cretini che la Madonna non la vedono, non hanno le ali, negati al volo eppure volano lo stesso, e invece di posare ricadono come se un tale, avendo i piombi alle caviglie e volendo disfarsene, decide di tagliarsi i piedi e si trascina verso la salvezza, tra lo scherno dei guardiani, fidenti a ragione dell’emorragia imminente che lo fermerà. Ma quelli che vedono non vedono quello che vedono, quelli che volano sono essi stessi il volo. Chi vola non si sa.
Un siffatto miracolo li annienta: più che vedere la Madonna, sono loro la Madonna che vedono. È l’estasi questa paradossale identità demenziale che svuota l’orante del suo soggetto e in cambio lo illude nella oggettivazione di sè, dentro un altro oggetto.
Tutto quanto è diverso, è Dio.
Se vuoi stringere sei tu l’amplesso, quando baci la bocca sei tu.
Divina è l’illusione. Questo è un santo. Così è di tutti i santi, fondamentalmente impreparati, anzi negati. Gli altari muovono verso di loro, macchinati dall’ebetismo della loro psicosi o da forze telluriche equilibranti - ma questo è escluso -. È così che un santo perde se stesso, tramite l’idiozia incontrollata. Un altare comincia dove finisce la misura. Essere santi è perdere il controllo, rinunciare al peso, e il peso è organizzare la propria dimensione. Dove è passata una strega passerà una fata.
Se a frate Asino avessero regalato una mela metà verde e metà rossa, per metà avvelenata, lui che aveva le mani di burro, l’avrebbe perduta di mano. Lui non poteva perdersi o salvarsi, perchè senza intenzione,inetto.
Chi non ha mai pensato alla morte è forse immortale. È così che si vede la Madonna.
Ma i cretini che vedono la Madonna, non la vedono, come due occhi che fissano due occhi attraverso un muro: un miracolo è la trasparenza. Sacramento è questa demenza, perchè una fede accecante li ha sbarrati, questi occhi, ha mutato gli strati - erano di pietra gli strati - li ha mutati in veli. E gli occhi hanno visto la vista. Uno sguardo. O l’uomo è così cieco, oppure Dio è oggettivo.
I cretini che vedono, vedono in una visione se stessi, con le varianti che la fede apporta: se vermi, si rivedono farfalle, se pozzanghere nuvole, se mare cielo. E davanti a questo alter ego si inginocchiano come davanti a Dio.
Si confessano a un secondo peccato. Divino è tutto quanto hanno inconsciamente imparato di sè. Hanno visto la Madonna. Santi.
I cretini che non hanno visto la madonna, hanno orrore di sè, cercano altrove, nel prossimo, nelle donne - in convenevoli del quotidiano fatti preghiere - e questo porta a miriadi di altari. Passionisti della comunicativa, non portano Dio agli altri per ricavare se stessi, ma se stessi agli altri per ricavare Dio. L’ umiltà è conditio prima.
I nostri contemporanei sono stupidi, ma prostrarsi ai piedi dei più stupidi di essi significa pregare. Si prega così oggi. Come sempre. Frequentare i più dotati non vuol dire accostarsi all’assoluto comunque. Essere più gentile dei gentili. Essere finalmente il più cretino.
Religione è una parola antica.
Al momento chiamiamola educazione.

Carmelo Bene

giugno 09, 2007

Ignaz Philipp Semmelweis, il medico

Uno che ha avuto un' idea buona, e con lui la vita è stata niente buona.


Era di gran moda l'anatomia patologica, a Vienna.
E gli esami autoptici eran di gran moda anche loro, a Vienna.
Noi altri da un morto a una puerpera saltavamo.
E le donne anche loro diventavano morte.
Tagliavamo, toglievamo, toccavamo, tiravamo.
E le operazioni ci andavano storte.
Io indagavo, facevo pensieri.
I dottori i morti li studiavano leggeri.
Poi vidi un baffuto fregare sul camice il sangue delle spoglie.
E capii perché le gravide morivano, al momento delle doglie.

Lavarsi le mani, avevo intuito.
Spazzolare le unghie, insaponare le zampe, ammollarle nel cloro.
Ogni dito doveva essere pulito.
Le balie, gli infermieri, le ostetriche soprattutto, dovevano purgarsi anche loro.
Nel giro di un mese le donne restavano sane.
Erano le nostre mani di noi dottori, con le particelle di cadavere, le assassine.
Ma ero un povero magiaro, diceva quel primario d'un cane.
Solo lavarsi le mani, prima di operare le mammine.
Ma per quei viennesi purosangue restavo un infame.
Mi bloccarono. Niente stipendio, escluso dall'ospedale.
Tornai a Pest, e ripresi la faccenda in esame.
Lì scrissi un librone. Eziologia, concetto e profilassi della febbre puerperale.
Le riviste mediche mi ignorarono,
quei quattro amici si allontanarono.

Allora a Joseph Spaeth scrissi
“Lei ha preso parte al massacro, Signor Professore”
A Friedrich Scanzoni scrissi
“Il suo insegnamento si fonda su cadaveri di donne assassinate dall'ignoranza, Signor Professore”.
E lui giù a gridare che ero un bel disgraziato.
Il 29 luglio 1865 la mia affezionatissima moglie volle accompagnarmi in ospedale,
portavamo due dolci a un vecchio amico, mi aveva raccontato.
Poi al ritorno scordò di aspettarmi e della clinica diventai un abituale.
Entrai che avevo quarantasette anni,
e lei non si perse negli affanni.

Nessuno specialista della testa venne a guardarmi.
Solo arrivarono delle grosse guardie grige a fare malanni.
E io, Lavatevi le mani, mentre cercavano di legarmi.
Mi stringevano i polsi e sbraitavo. Lavatevi le mani.
Mi fermavano le gambe e urlavo. Lavatevi le mani.

Loro ci davano dentro con la cinghia.
E io, di risposta, Lavatevi le mani.
Mi strapparono ogni unghia.
Ma sempre, Lavatevi le mani.
Al funerale mia moglie non ci venne.
C'erano solo Karl von Rokitansky, mio maestro elementare,
il prete magro novantenne,
e Carl Braum, il mio avversario principale.
Era agosto.

giugno 06, 2007

esercizio di ascolto numero due

In coda alla cassa del supermercato.


BAMBINA: mamma!

MAMMA: che c’è?

BAMBINA: mi compri questi?

MAMMA: vera siamo pieni di chewing gum in casa, e poi quelli non sono di buona qualità, sai cosa? li mastichi un minuto e già non hanno più sapore.

BAMBINA: ma sono alla fragola, non ne abbiamo in casa alla fragola.

MAMMA: tutti quei chewing gum ti rovineranno i denti, un giorno ti ritroverai con tutti i denti neri e ti pentirai di aver mangiato tutti qui chewing gum.

BAMBINA: ma c’è scritto che fanno bene ai denti questi, guarda.

MAMMA: è che devono venderli i chewing gum, è ovvio che ti dicono che fanno bene, ma ti pare che possano fare bene ai denti dei chewing gum? ti dicono che puoi masticare un chewing gum invece di lavarti i denti, ti pare possibile?

BAMBINA: ma sono senza zucchero.

MAMMA: bene, allora faranno meno male ai denti, ma sicuramente non fanno bene, come se ti dicessero che mangiare un panino da mc donald’s fa bene perchè ci sono le proteine, ma insieme alle proteine ci sono anche grassi e un casino di altra spazzatura. non devi credere a tutto quello che ti dicono o trovi scritto sui pacchetti. possono scrivere quello che vogliono sui pacchetti.

BAMBINA: e uno come fa a sapere cosa è vero e cosa no?

MAMMA: è che quando cresci riesci più o meno a capire chi ti sta dicendo la verità è chi no.

BAMBINA: e tu sai sempre chi ti sta dicendo la verità e chi no?

MAMMA: non sempre.

BAMBINA: io ti dico la verità?

MAMMA: non sempre.

BAMBINA: mamma com’è possibile che tu e papà di momento in momento sapevate come fare con me e mio fratello?

MAMMA: non lo sapevamo. ora forse lo sappiamo un po’ di più.

BAMBINA: mio fratello non mangia abbastanza frutta.

MAMMA: tuo fratello mangia troppa spazzatura.

BAMBINA: però dice che mangia tanto ketchup, dice che è come mangiare le verdure.

MAMMA: tuo fratello dice così perchè in teoria il ketchup è fatto con i pomodori, in pratica ci mettono qualsiasi tipo di schifezza dentro.

BAMBINA: allora perchè si chiama tomato ketchup?

MAMMA: perchè la gente usa le parole per creare la realtà che vuole.


(intorno alle 18:50, Carrefour di pza Lavapies, dietro di me. Nella conversazione originale la madre parlava inglese con un marcato accento americano, la bambina inizialmente parlava spagnolo, da metà in poi ha cominciato a parlare inglese. Ho pensato di tradurre quello che mi ricordo in italiano per la pubblicazione sul blog foscolo1bis, che è in italiano, è possibile che cambi idea per quanto riguarda futuri esercizi di questo tipo. L’esercizio di ascolto è una disciplina che mi impongo per riuscire a estrarre dal rumore che le persone fanno parlando dei brevi frammenti di significato, riportandoli in un dialogo che non deve essere fedele all’originale bensì al suono che ne rimane all’interno del ricordo. Per questo la lingua rappresenta un problema. )