giugno 16, 2008
marzo 12, 2008
città per intenditori
Qui, il lugubre, evidentemente, era distribuito con puntigliosa equità, era democratico.
Sfido, avrebbero gridato i suoi colleghi, è una città tutta uguale, tutti i quartieri si rassomigliano, tutte le strade si incrociano ad angolo retto, si ha sempre la sensazione di essere rimasti fermi, c’è da perdere la testa, c’è da impazzire, che città, madonna, che città.
Ma erano semplificazioni di nuovi arrivati, sfoghi di meriidionali all’estero, che imbruttivano il diavolo per giustificare le loro nostalgie, la loro inadattabilità, o più spesso ancora per vantarsi poi con quelli rimasti a casa; paralavano di Torino già con la voce di chi racconta in un cerchio attonito di parenti. Dopo tanti anni che ci abitava, lui sapeva ormai che la leggendaria monotonia della città era un’invenzione di osservatori superficiali, o piuttosto un mascheramento da cui l’ingenuo e l’impaziente si lasciavano ingannare come dal neutro pelame mimetico di un animale appiattato. Sotto quell’apparenza così ovvia, di carta messa in tavola, Torino era una città per intenditori. C’era – penso il commissario considerando la via inevitabilmente dritta, a perdita d’occhio – lugubre e lugubre.
Sfido, avrebbero gridato i suoi colleghi, è una città tutta uguale, tutti i quartieri si rassomigliano, tutte le strade si incrociano ad angolo retto, si ha sempre la sensazione di essere rimasti fermi, c’è da perdere la testa, c’è da impazzire, che città, madonna, che città.
Ma erano semplificazioni di nuovi arrivati, sfoghi di meriidionali all’estero, che imbruttivano il diavolo per giustificare le loro nostalgie, la loro inadattabilità, o più spesso ancora per vantarsi poi con quelli rimasti a casa; paralavano di Torino già con la voce di chi racconta in un cerchio attonito di parenti. Dopo tanti anni che ci abitava, lui sapeva ormai che la leggendaria monotonia della città era un’invenzione di osservatori superficiali, o piuttosto un mascheramento da cui l’ingenuo e l’impaziente si lasciavano ingannare come dal neutro pelame mimetico di un animale appiattato. Sotto quell’apparenza così ovvia, di carta messa in tavola, Torino era una città per intenditori. C’era – penso il commissario considerando la via inevitabilmente dritta, a perdita d’occhio – lugubre e lugubre.
febbraio 04, 2008
gennaio 14, 2008
novembre 29, 2007
il martirio dei metalli
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